LAVORO. ASSOLAVORO: PARLAMENTO PRECARIZZA 100MILA LAVORATORI STABILI E SVILISCE RUOLO DELLE PARTI SOCIALI.

15 Marzo 2022|Categorie: Comunicazione, Note stampa|

NOTA STAMPA

LAVORO. ASSOLAVORO: PARLAMENTO PRECARIZZA 100MILA LAVORATORI STABILI E SVILISCE RUOLO DELLE PARTI SOCIALI.

Un nuovo emendamento (nel Sostegni Ter) nella prima formulazione abrogava il termine del 30 settembre al limite di impiego per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie  mentre ora  lo differisce  al 31 dicembre 2022, nonostante gli impegni presi con le parti sociali per superarlo.

Ramazza (Assolavoro): “abbiamo provato a spiegarlo ai colleghi europei della Wec (Confederazione Europea delle Agenzie per il Lavoro), da stamattina a Milano. Erano increduli. Il settore delle Agenzie italiane è un modello internazionale”.

15 marzo 2022. “Ci sono oltre 100mila lavoratori assunti a tempo indeterminato da parte delle Agenzie per il Lavoro. Nonostante gli impegni presi per superare il limite di utilizzo per 24 mesi presso la stessa impresa, il Parlamento fa un nuovo passo falso e sposta solo quel limite dal 30 settembre al 31 dicembre 2022, perseverando in un errore che precarizza 100mila lavoratori a tempo indeterminato e svilisce il ruolo delle parti sociali”. Così il Presidente di Assolavoro, l’Associazione delle Agenzie per il Lavoro, Alessandro Ramazza in relazione a un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati che – diversamente da una prima formulazione, invece di superare il limite dei 24 mesi per l’impiego presso la stessa azienda di lavoratori in somministrazione assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia per il Lavoro, sposta solo di tre mesi in avanti la scadenza.

“Si tratta di un pessimo segnale per più ragioni: precarizza contratti che ad oggi sono stabili; persevera nel determinare incertezza per oltre 100mila persone; muove da una confusione grossolana tra contratto di lavoro tra Agenzia e lavoratore e contratto commerciale tra Agenzia e azienda; contravviene a quanto sindacati dei lavoratori e Assolavoro hanno a più riprese convenuto in tutte le sedi, evidenziando come questo limite non giovi a nessuno” – aggiunge il Presidente di Assolavoro, che rappresenta e aggrega oltre l’85% del settore delle Agenzie.

“Le imprese stanno già riorganizzando i piani e molti lavoratori rischiano di perdere un contratto a tempo indeterminato per un problema che non c’era, ma che è stato creato e ora nuovamente rinnovato dal legislatore“.

“Stamattina sono in Italia i vertici europei della Confederazione delle Agenzie per il Lavoro di cui Assolavoro è espressione in Italia, quando abbiamo provato a spiegare loro cosa stava accadendo hanno spalancato gli occhi increduli. La normativa europea, infatti, è chiara e i principi stessi del diritto comunitario incentivano i contratti a tempo indeterminato, mentre la norma italiana li disincentiva. Il settore delle Agenzie per il Lavoro italiano è riconosciuto come un modello sul piano europeo, in Parlamento però c’è chi ancora fatica ad accorgersene” – conclude Ramazza, intervenuto stamattina a un convegno presso Confindustria Catania.

La questione tecnica riguarda la confusione tra il contratto di lavoro tra Agenzia e lavoratore assunto a tempo indeterminato e quello che lega l’Agenzia all’azienda committente.

All’indomani della conversione in legge del cd. “Decreto Dignità” (D.L. 12 luglio 2018, n. 87), il Ministero del Lavoro chiarì opportunamente che, in caso di assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori somministrati da parte delle Agenzie per il Lavoro, i limiti individuati dal Decreto (durata, causale, ecc.) non trovassero applicazione (Circolare n. 17 del 31 ottobre 2018). Tale principio era tra l’altro già pacifico e consolidato in dottrina.

La novella introdotta con la legge di conversione del “Decreto Agosto 2020” (Decreto Legge 4 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126) nel confermare la suddetta linea interpretativa ne aveva tuttavia inspiegabilmente limitato l’efficacia al 31 dicembre 2021. Errore poi rimediato dal Decreto Fiscale che aveva eliminato il riferimento al 31 dicembre 2021.  La medesima questione è stata poi riproposta lo scorso anno con un emendamento introdotto dalla legge di conversione del dl fiscale che aveva fissato un nuovo termine al 30 settembre del 2022. Ora, dopo una prima formulazione che superava definitivamente il termine, la nuova formulazione in Commissione Bilancio lo sposta al 31 dicembre del 2022.***

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Franco Balestrieri

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