TIZIANO TREU: IL LAVORO MEDIANTE PIATTAFORME DIGITALI, LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

13 Febbraio 2024|Categorie: Comunicazione, Il Cloud del Lavoro|

Il lavoro mediante piattaforme digitali, la proposta della Commissione europea

Tiziano Treu nel suo intervento su “Il Cloud del Lavoro 2023-24” analizza la proposta di direttiva europea sul lavoro mediante piattaforma digitale, secondo i principi dell’European Pillar of social rights, che mira a contrastare le divergenze fra i diversi sistemi nazionali di diritto del lavoro e di welfare per riprendere la strada della convergenza.

Nel contesto della digitalizzazione che con i suoi strumenti, come le piattaforme, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, sta cambiando le strutture della nostra società e dell’economia, le piattaforme si candidano a diventare i principali strumenti operativi della impresa, fino a svolgere in tutto o in parte le funzioni di datori di lavoro.

La proposta analizzata da Tiziano Treu si concentra su due temi principali: i criteri di qualificazione dei rapporti di lavoro attivati tramite gli strumenti digitali, in particolare attraverso la gestione più o meno diretta delle piattaforme, e la gestione algoritmica del lavoro che potrebbe modificare sostanzialmente le relazioni fra le parti del rapporto di lavoro, le sue modalità di conduzione e lo svolgimento.

Nel caso del lavoro su piattaforme digitali un aspetto cruciale del management algoritmico è l’allocazione dei compiti e delle opportunità di lavoro fra i lavoratori. Di qui, la necessità di considerare non solo l’impatto quantitativo della digitalizzazione sul mercato del lavoro, ma anche le sue conseguenze sulla qualità e sulle condizioni di lavoro, per valutarne sia le opportunità sia i possibili rischi per i diritti e le tutele dei lavoratori.

Il contributo di Tiziano Treu tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”


 

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IL LAVORO MEDIANTEMEDIANTE PIATTAFORME DIGITALI, LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

La proposta di direttiva europea sul lavoro mediante piattaforma digitale è un altro segno del rinnovato attivismo della commissione europea in materia sociale ed è anche una manifestazione del nuovo clima comunitario avviato dalla presidenza Von der Leyen che dà seguito attuativo ai principi dell’European Pillar of Social Rights.

L’orientamento dell’Europa a intervenire con norme di direttiva nell’attuazione dei principi del Social Pillar ha l’obiettivo dichiarato di contrastare le divergenze acuitesi negli anni fra i diversi sistemi nazionali di diritto del lavoro e di welfare, per riprendere la strada storicamente indicata della convergenza.

Questa nuova proposta ha ricevuto finora meno attenzione di quella ora approvata sul salario minimo adeguato.

Ma invece va presa in seria considerazione in quanto affronta questioni che sono destinate a diventare sempre più importanti nel prossimo futuro.

Infatti, la digitalizzazione con i suoi strumenti, le piattaforme, gli algoritmi e la intelligenza artificiale, stanno cambiando le strutture della nostra società e della economia, e indicano un nuovo orizzonte, se non un paradigma già definito, anche per il mondo del lavoro.

Lo spazio e il linguaggio digitale stanno prendendo il posto della fabbrica fordista del ’900, come ambiente generale delle prestazioni di lavoro. Le piattaforme si candidano a diventare i principali strumenti operativi della impresa, fino a svolgere in tutto o in parte le funzioni di datori di lavoro.

Il primo tema affrontato dalla proposta si interroga sui criteri di qualificazione dei rapporti di lavoro attivati tramite gli strumenti digitali, in particolare attraverso la gestione più o meno diretta delle piattaforme. Si tratta di un caso estremo di trasformazione dei lavori e delle imprese, entrambi coinvolti in una dematerializzazione che oscura ma non elimina i rapporti reali di potere e di autonomia fra le parti. L’analisi comparata contenuta nel documento conferma la diversità delle risposte degli ordinamenti europei alla questione qualificatoria e la persistente incertezza delle soluzioni proposte dai vari attori, anzitutto la giurisprudenza, talora i legislatori e meno frequentemente la contrattazione collettiva.

Il secondo tema proposto dalla Commissione, la gestione algoritmica del lavoro, è quello più nuovo e dalle implicazioni potenzialmente più profonde, perché è in grado di alterare in radice le relazioni fra le parti del rapporto di lavoro, le sue modalità di conduzione e la stessa logica che ne presidia lo svolgimento.

L’intendimento è di garantire una equa gestione dei rapporti per i lavoratori non solo subordinati, ma anche autonomi, compresi gli autonomi genuini. Sul primo aspetto quello della corretta qualificazione del rapporto si è molto discusso in Italia e in Europa mentre si è meno riflettuto sulla gestione algoritmica dei rapporti.

L’indicazione della proposta sul primo tema è quella di stabilire una presunzione legale di subordinazione nel caso in cui la piattaforma digitale controlli la esecuzione del lavoro della persona che lo svolge. Il controllo è ritenuto presente quando si ravvisino alcuni elementi caratterizzanti indicati dalla proposta: a) determinazione effettiva del livello della retribuzione o fissazione dei limiti massimi per tale livello; b) obbligo, per la persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali, di rispettare regole vincolanti specifiche per quanto riguarda l’aspetto esteriore, il comportamento nei confronti del destinatario del servizio o l’esecuzione del lavoro; c) supervisione dell’esecuzione del lavoro o verifica della qualità dei risultati del lavoro, anche con mezzi elettronici; d) effettiva limitazione, anche mediante sanzioni, della libertà di organizzare il proprio lavoro, in particolare della facoltà di scegliere l’orario di lavoro o i periodi di assenza, di accettare o rifiutare incarichi o di ricorrere a subappaltatori o sostituti; e) effettiva limitazione della possibilità di costruire una propria clientela.

La presunzione indicata dalla proposta è iuris tantum e quindi può essere vinta da una prova contraria.

Questa scelta della proposta non è priva di punti dubbi che hanno sollevato perplessità anche dalle parti sociali.

Tuttavia, se venisse approvata, nonostante le criticità rilevate, potrebbe rivestire una qualche efficacia nel facilitare la qualificazione di molti rapporti di lavoro su piattaforme che ricevono contrastanti soluzioni nella giurisprudenza non solo italiana.

Ritengo in ogni caso che la sollecitazione della Commissione a riconsiderare in termini nuovi la questione della natura giuridica dei rapporti di lavoro digitali e quindi dei trattamenti e delle tutele da garantire ai lavoratori, vada raccolta dagli attori nazionali cui spetta la responsabilità primaria nelle scelte in questa delicatissima materia.

Il secondo tema affrontato dalla Commissione merita una attenzione particolare, perché affronta problemi ancora poco esplorati non solo dai giuristi, ma anche dai policy maker e che viceversa sono destinati ad assumere rilievo generale non solo per il mondo del lavoro.

Infatti, il documento della Commissione rileva che se gli strumenti digitali, come in specie l’intelligenza artificiale, hanno avuto una prima diffusa applicazione per lo sviluppo della economia delle piattaforme, non solo per la gestione delle prestazioni di lavoro, essi si stanno rapidamente diffondendo anche all’interno dei luoghi di lavoro «tradizionali».

In prospettiva questi strumenti digitali saranno sempre più usati per prendere decisioni che finora sono state parte essenziale delle responsabilità manageriali di gestione dei rapporti di lavoro.

Nel caso del lavoro su piattaforme digitali un aspetto cruciale di questo management algoritmico, già denunciato come fonte di possibile discriminazione, è la allocazione dei compiti e delle opportunità di lavoro fra i lavoratori. Di qui, sottolinea il documento della Commissione, la necessità di considerare non solo l’impatto quantitativo della digitalizzazione sul mercato del lavoro, ma anche le sue conseguenze sulla qualità e sulle condizioni di lavoro, per valutarne sia le opportunità sia i possibili rischi per i diritti e le tutele dei lavoratori.

Al legislatore e alle parti sociali l’uso di questi strumenti digitali pone una sfida inedita che mette in discussione le tecniche e gli obiettivi della regolazione; perché il loro impiego riduce la efficacia di interventi regolativi specifici sulle singole condizioni di lavoro. Richiede invece procedure legali e contrattuali capaci di incidere in tempo utile sulla logica del funzionamento e sulla configurazione stessa delle macchine intelligenti che determinano la gestione dei rapporti di lavoro.

La novità e criticità di questi sistemi, specie dei più recenti, consistono anzitutto nella loro non trasparenza e nella incertezza su come essi sviluppano le proprie regole: un dato che spesso sfugge (o può sfuggire) agli stessi programmatori, tanto è vero che per tali sistemi sono stati definiti come black box.

Su questo tema e sulle implicazioni attuali e potenziali degli strumenti della digitalizzazione per la sicurezza e per le condizioni del lavoro si interrogano sia il documento della Commissione sia l’accordo quadro stipulato fra le maggiori confederazioni sindacali e imprenditoriali europee.

La proposta prevede obblighi di informazione (ma non di consultazione) dei lavoratori sui sistemi di monitoraggio utilizzati dalla piattaforma e sui sistemi decisionali per prendere decisioni che incidono significativamente sulle condizioni di lavoro dei lavoratori interessati (art. 6).

Le informazioni devono riguardare i principali dati relativi a questi sistemi: in particolare le categorie di decisioni prese in via automatica, i parametri di cui i sistemi tengono conto, i motivi di eventuali decisioni di sospendere l’account del lavoratore e di non retribuire il lavoro svolto.

Il testo stabilisce inoltre il monitoraggio umano dell’impatto di questi sistemi automatizzati (art. 7), chiedendo agli Stati membri di garantire risorse umane sufficienti per monitorare l’impatto delle decisioni prese da questi sistemi.

Propone infine che i lavoratori delle piattaforme digitali abbiano il diritto di ottenere una spiegazione dalla piattaforma delle decisioni prese, anche rivolgendosi a una persona di contatto indicata dalla stessa piattaforma, nonché, se non soddisfatti dalla spiegazione, di chiedere il riesame della decisione (art. 8).

Questo del controllo umano è un punto critico ampiamente discusso nella preparazione della direttiva. Infatti, la gestione algoritmica dei rapporti richiede che sia possibile verificare che l’uso delle tecnologie digitali intelligenti non pregiudichi i fondamentali diritti delle persone che lavorano in questo nuovo contesto, e rispetti il principio del controllo umano.

Per intervenire efficacemente su questo punto occorrerà che le rappresentanze dei lavoratori siano messe in grado di conoscere in tempo utile i meccanismi di funzionamento automatico di questi sistemi per poter intervenire al fine di modificarli e ricondurli al principio del controllo umano. La indicazione della proposta di direttiva non prevede meccanismi per coinvolgere tali rappresentanze ma si limita a stabilire la possibilità dei lavoratori di richiedere il riesame delle scelte dei sistemi automatici, la cui risposta è affidata alla decisione, sia pure motivata, delle piattaforme.

Una indicazione esplicita in questo senso è invece contenuta in un accordo quadro stipulato dalle parti sociali europee più rappresentative. Il contenuto dell’intesa stabilisce procedure di informazione e consultazione finalizzate a garantire che l’impiego delle tecnologie digitali e in specie della intelligenza artificiale assicuri il rispetto dei diritti dei lavoratori e della regola del controllo umano.

I contenuti dell’accordo sollecitano le parti sociali nazionali a ripensare le prassi tradizionali in materia di diritti di informazione e consultazione per rafforzarle e adeguarle al nuovo contesto della fabbrica digitale.

Una simile sollecitazione va tenuta presente quando si tratterà di dare seguito alla proposta della Commissione, anche per renderla più efficace nella garanzia dei lavoratori.

 


IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024

Il contributo dell’ex Ministro del Lavoro Tiziano Treu è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.

L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.

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