CLAUDIO TUCCI: L’INVESTIMENTO IN CONOSCENZA E LA SFIDA DEL NUOVO LAVORO

5 Marzo 2024|Categorie: Comunicazione, Il Cloud del Lavoro|

L’investimento in conoscenza e la sfida del nuovo lavoro

Claudio Tucci nel suo intervento su “Il Cloud del Lavoro 2023-2024” analizza le prospettive future del mercato del lavoro focalizzandosi sulla transizione green. Le nuove Academy aziendali stanno emergendo come risposta alla crescente domanda di competenze nel campo del green e dell’Industria 4.0. Gli Its Academy si distinguono per la formazione 4.0 in settori come la meccatronica, la robotica, l’Ict, l’agroindustria e il settore spaziale. Si osserva in questo come la tendenza sia quella di legare la filiera produttiva all’istruzione tecnico-professionale, ponendo un’enfasi particolare sui percorsi universitari Stem attraverso la promozione di un orientamento mirato, puntando anche sulla formazione delle donne.

In questo, Camere di Commercio, associazioni di categoria, università e altre entità si sono attivate per favorire percorsi formativi in linea con le esigenze future del lavoro. Si prevede infatti che il 50-60% dei lavori richiederà un aggiornamento delle competenze, in particolare nei settori green.

È urgente dunque riqualificare e formare le figure professionali per poter affrontare le sfide del futuro. Queste iniziative si rivelano cruciali anche nella riduzione della disoccupazione giovanile, come contrasto ai Neet e alla dispersione scolastica. In quest’ottica l’investimento nella formazione mira ad aumentare la produttività aziendale fino al 10%.

Il contributo di Claudio Tucci tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”


 

La formazione, il welfare, la bilateralità

L’INVESTIMENTO IN CONOSCENZA E LA SFIDA DEL NUOVO LAVORO

Nuove academy aziendali, che viaggiano verso quota 150, e i cui corsi spaziano dalla cybersecurity al green, all’Industria 4.0, solo per fare qualche esempio. Gli Its Academy che si stanno affermando come fucina di formazione 4.0 dei giovani talenti nella meccatronica, nella robotica, nell’Ict, nel settore agroindustriale, in quello spaziale, nel trasporto e nella logistica.

E ancora: una spinta a tutta la filiera dell’istruzione e della formazione tecnico-professionale, per legarla, di più e meglio, a territori e mondo produttivo, e un’accelerazione sui corsi universitari Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), con un maxipiano di orientamento mirato, grazie al Pnrr, soprattutto verso le studentesse. Si sono mosse anche le Camere di Commercio con Excelsiorienta, una nuova piattaforma digitale per connettere scuola e mondo del lavoro, alcune associazioni di categoria, da Federmeccanica (MetApprendo) ad Anitec-Assinform (Formati con noi), Università, Politecnici, Regioni, Agenzie per il Lavoro, Anpal, Inapp, tutti con l’obiettivo di favorire processi di formazione continua e scolastica in linea con il futuro del lavoro.

Piaccia o no, infatti, nei prossimi anni il mercato occupazionale dovrà fare i conti con professioni «ibridate» o addirittura completamente nuove. Si stima che il 50/60% dei lavori, in prospettiva, abbiano bisogno di un aggiornamento delle competenze richieste al personale. Parlando con gli imprenditori e facendo riferimento a una delle rivoluzioni emergenti, quella «green», è emerso che si stanno facendo strada, nelle selezioni, richieste di progettisti in edilizia sostenibile, giuristi ambientali, specialisti in contabilità verde, responsabili degli acquisti green, installatori d’impianti a basso impatto energetico. Per non parlare delle nuove professioni legate a Industria 4.0, o al fortissimo processo di innovazione digitale, che sta investendo con una velocità impressionante larga fetta di manifattura e servizi.

Ipotizzando nei prossimi cinque anni (arco temporale del Pnrr) un fabbisogno professionale stimato di 1- 1,5 milioni di nuovi inserimenti lavorativi (al netto, ovviamente, delle ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina, che tutti ci auguriamo termini il prima possibile) già oggi sappiamo che gran parte di questi ingressi saranno complessi da realizzare. Vedendo gli ultimi dati sulle difficoltà di reperimento (il cosiddetto mismatch) si accende la spia rossa: le prime cinque professioni «introvabili» sono tutte legate alle competenze del futuro prossimo, tecnico-scientifiche-2.0-green, e cioè periti, diplomati Its, laureati Stem.

Questi talenti mancano soprattutto alla manifattura. Per ingegneri ed elettrotecnici la difficoltà di reperimento supera ormai il 70% delle entrate previste; per progettisti e meccanici supera il 60%; quasi il 60% per analisti e progettisti software, ma anche operai specializzati. E non è incoraggiante pensare che già nel 2021 avevamo 240 mila laureati (quasi tutti Stem) introvabili. Anche i diplomati Its, che hanno un tasso di occupazione medio dell’80%-90%, e i diplomati degli istituti tecnico-professionali sono troppo pochi, perché scontano la scarsa conoscenza di famiglie, studenti, e spesso docenti, unita a una etichetta, sbrigativa e ingenerosa, di formazione di serie B.

Eppure, se guardiamo alle ultime statistiche sul lavoro ci rendiamo conto di quanto siano sbagliati questi stereotipi, e quanto c’è ancora da migliorare. Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti a livello internazionale (23,9%, ultimo dato Istat di ottobre 2022); ci sono tre milioni e passa di Neet nella fascia sotto i 35 anni, e la dispersione scolastica è in aumento, 13,5% secondo le più recenti rilevazioni ministeriali, e se pensiamo che, l’obiettivo Pnrr, è scendere al 10,2%, ci rendiamo conto di essere davanti a una missione (quasi) impossibile. Non solo. Gli apprendimenti a scuola sono precipitati: oggi, ci raccontano le prove Invalsi, praticamente un ragazzo su due che ha preso la «maturità» non ha le competenze base in italiano, matematica, inglese. E se a tutto questo aggiungiamo che, in media, più del 34% dei lavoratori delle economie europee possiede competenze e un livello di istruzione che non corrispondono a quelli richiesti dal loro lavoro – in Italia, questa percentuale è addirittura superiore (39%) – ecco allora ci rendiamo conto che il 2023 e gli anni a venire debbono essere gli «anni della formazione» (formazione che una ex ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha equiparato al nuovo articolo 18).

In questo quadro, con più ombre che luci, qualcosa si sta muovendo. Sempre più università sperimentano corsi di laurea più vicini al mondo del lavoro. Anche gli Istituti tecnologici superiori stanno puntando molto su Industria 4.0 e nuove competenze. Lo stesso stanno facendo i fondi interprofessionali, seppur stretti da lacci e lacciuoli. E le imprese, come ci ha ricordato Inapp, hanno aumentato l’investimento in formazione allineandosi alle best practice europee. Ci sono poi gli strumenti pubblici, come il Fondo nuove competenze. Certo, le Pmi arrancano e in genere il Centro Sud è indietro. Però la strada è tracciata, ed è quanto mai necessario non fermarsi. Perché, per ripetere le parole di Mario Draghi o di Ignazio Visco, l’investimento in conoscenza è «debito buono», ed è l’unico modo per riattivare quell’ascensore sociale che da noi si è inceppato. E questo circolo «virtuoso» aiuta a dare una chance a giovani, donne e over 50 espulsi dal lavoro. Una spinta, decisa, in formazione fa bene alle stesse imprese. Uno studio dell’Ocse suggerisce che aggredire lo squilibrio tra offerta e domande di competenze aumenta la produttività del 10%. Una panacea, vista la cronica bassa produttività italiana registrata negli ultimi 20 anni.


IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024

Il contributo di Claudio Tucci, giornalista de Il Sole 24 Ore, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.

L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.

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