MARCELLO BOGETTI: LA RISPOSTA AGLI SQUILIBRI DEL MERCATO DEL LAVORO NEGLI APPROCCI DEMAND SIDE
La risposta agli squilibri del mercato del lavoro negli approcci demand side
Marcello Bogetti, Direttore Labnet – SAA School of Management – Università di Torino, ne il “Cloud del Lavoro 2023-2024” analizza possibili cause e soluzioni al mismatch nel mercato del lavoro italiano. Il dibattito recente sul mercato del lavoro si è concentrato sulla difficoltà di reperimento di personale, attribuita all’ormai noto come “mismatch“. Le cause principali possono sostanzialmente riassumersi in queste due: carenza di figure adeguatamente formate e riluttanza presunta dei candidati ad accettare le offerte disponibili.
Tuttavia, la realtà è più complessa. Dai dati diffusi dalle aziende che dichiarano difficoltà di reperimento dei profili, emerge che il 72% delle figure ricercate richiedeva meno di tre mesi per essere reperito. Inoltre, solo il 12,4% delle difficoltà è attribuibile all’inadeguatezza dei profili, mentre il 24,6%, quasi 1 caso su 4, è dovuto alla carenza di candidati.
Un’analisi più approfondita dei dati e delle tendenze recenti indica che il mismatch non è dovuto soltanto alla qualità dei profili sul mercato, ma anche a problemi di comunicazione e percezione dell’offerta di lavoro. Le politiche attive dovrebbero a tal fine migliorare la capacità delle aziende di identificare e valorizzare le competenze dei candidati. Strumenti innovativi come le micro-credenziali e un approccio basato sulle competenze effettive piuttosto che sui titoli formali possono migliorare l’incontro tra domanda e offerta. Inoltre, è cruciale supportare le piccole aziende nello sviluppo di pratiche di gestione delle risorse umane più strutturate e nell’adozione di metodi di selezione più aperti e flessibili.
Il contributo di Marcello Bogetti tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”
En attendant le nuove politiche attive
LA RISPOSTA AGLI SQUILIBRI DEL MERCATO DEL LAVORO NEGLI APPROCCI DEMAND SIDE
Il recente dibattito sul mercato del lavoro si è in particolare acceso attorno al tema della difficoltà di reperimento di personale, il cosiddetto mismatch fra domanda e offerta di lavoro, imputato alla carenza di figure adeguatamente formate, alla riluttanza, presunta, di chi cerca lavoro ad accettare le proposte esistenti, ecc. in ogni caso individuando le cause del fenomeno sul lato della offerta di lavoro, ovvero in chi cerca occupazione, e nel sistema formativo. La risposta starebbe dunque tutta nell’intervenire su questo lato.
La realtà, come sempre, è più complessa e articolata. Innanzitutto, non dobbiamo guardare solo il dato che comunemente viene diffuso con grande enfasi, ovvero la percentuale di aziende che denuncia difficoltà di reperimento, e che si assesta attorno al 40%. In primo luogo, per la natura del dato stesso: l’indagine previsionale Excelsior di Unioncamere-Anpal rileva intenzioni ad assumere, ma non assunzioni effettive, e quindi percezioni sulla difficoltà future a reperire le figure previste.
In secondo luogo, l’indagine è molto più ricca di dati e informazioni di quello comunemente citato. Per quanto riguarda il 2022 in Italia le assunzioni previste erano pari a 5.179.140, di cui 2.097.552 giudicate di difficile reperimento, pari al 40,5%. Ma se si entra maggiormente nel dettaglio dei dati disponibili poco menzionati, si vede che il 72% richiede meno di tre mesi per essere reperito, e si scopre che la quota di motivazioni dovute alla presunta inadeguatezza dei candidati è pari al 12,4% (il sistema formativo forse non funziona così male allora!) e quella imputabile alla carenza di candidati pari al 24,6%. Si tratta di cause molte diverse: la prima affrontabile con interventi formativi ad hoc e una maggiore integrazione con le agenzie formative, la seconda riconducibile sia ad una effettiva carenza, che a fenomeni emergenti di maggior attenzione alla qualità del lavoro (si pensi alla crescente quota di dimissioni spontanee, più di 1,6 milioni nei primi 9 mesi del 2022) ma anche, come vedremo sotto, alle caratteristiche dei canali e delle modalità di ricerca utilizzate.
Se poi guardiamo alla ripartizione di queste previsioni di assunzioni fra ricerca di persone con e senza esperienza, vediamo che nel 67% di casi si privilegia la prima scelta, valore che sale all’82% per le professioni tecniche, quelle più difficili da trovare (48,7%), e che è comunque alto anche per le professioni non qualificate (40,9%), scelta che rende ovviamente più ardua la corrispondenza alle posizioni cercate di chi si presenta per la prima volta sul mercato del lavoro o ha avuto solo esperienze intermittenti e varie, considerando inoltre che solo il 7,6% delle assunzioni previste riguarda giovani fino a 24 anni. Quando si restringe il campo alle posizioni rispetto a cui non viene richiesta una specifica esperienza la carenza di persone disponibili si riduce al 3,9% del totale di assunzioni previste e l’82% viene reperito entro 3 mesi. Non sembra emergere quindi una ritrosia ad accettare posizioni di lavoro meno qualificate e quindi meno retribuite e generalmente rivolte a persone con caratteristiche di minore impiegabilità.
Attraverso una analisi più approfondita dei dati esistenti e sulla base degli spunti che derivano da un filone di ricerche meno percorso ma ricco di indicazioni per le politiche attive del lavoro, nonché dalle più recenti tendenze delle politiche formative è possibile esplorare ambiti innovativi su come intervenire sugli squilibri del mercato del lavoro incentrati in particolare sul tema del riconoscimento e validazione delle competenze delle persone in cerca di occupazione, ma anche occupate, o più in generale in fase di transizione sul mercato del lavoro.
La matrice di natura teorica e interpretativa sul funzionamento del mercato del lavoro a cui ci si ispira è quella della «teoria di segnali» e delle asimmetrie informative sul mercato del lavoro: chi assume non ha informazioni sufficienti per prevedere quale sarà l’effettivo adattamento e rispondenza della persona selezionata rispetto al posto che dovrà ricoprire, e così ci si basa su «segnali» che ne possono essere in qualche modo predittivi. Il titolo di studio è uno di questi, ma in sé debole per trasferire cosa effettivamente il candidato sa fare, che comportamenti adotterà, che risposte fornirà, a maggior ragione quando, come sempre più accade, ciò che si ricerca sono competenze «soft», quali relazionarsi con altri, lavorare in gruppo, essere innovativi e proattivi, ecc. tutte caratteristiche molto difficili da valutare a priori, che si scoprono solo quando la persona opera nella realtà di lavoro. Il CV dal suo canto è ormai ampiamente inadeguato, soprattutto quando trasferisce biografie di lavoro intermittenti, non dotate di un filo logico e coerente, spezzate.
Non a caso la grandissima parte, sempre secondo i dati Excelsior 2022 più del 70%, dei canali di ricerca utilizzati dalle imprese sono la conoscenza diretta del candidato, o mediata da qualcuno che lo conosce, che favorisce appunto l’acquisizione di maggiori informazioni su di lui, fornendo «segnali» altrimenti non percepibili. Spesso questi segnali – in mancanza, ad esempio, proprio di evidenze sulle competenze in possesso – sono inoltre frutto di una sorta di pregiudizio positivo o negativo, non motivato oggettivamente ma radicato: una donna non può fare un certo mestiere, chi ha un certo titolo di studio non è adatto, generando fenomeni di esclusione o, al contrario, tensioni verso segmenti dell’offerta su cui si concentra una richiesta eccessiva.
I dati inoltre, come visto, ci dicono che la domanda tende a cercare persone già in possesso di esperienze, perché queste sono segnali utili a ridurre l’asimmetria informativa, generando ulteriormente le criticità citate. La domanda di lavoro spesso si esprime sulla base di convenzioni sociali in merito a cosa viene giudicato essere importante nel cercare candidati, non in sé oggettivo ma frutto appunto di comune sentire, opinioni dominanti, preconcetti, passaparola, ecc. Questo filone di innovazione delle politiche del lavoro (approccio «demand side») considera come dimensione di intervento la relazione domanda-offerta di lavoro e il come viene formulata la domanda di lavoro, e non solo il puro adeguamento della offerta di lavoro. Altrettanto importante in questa ottica e poco esplorato è il tema del funzionamento dei «mercati del lavoro interni» alle aziende; stante che dagli stessi dati sappiamo che circa 1/3 delle assunzioni previste è di sostituzione di personale in uscita, come questo fenomeno è gestito è di assoluto rilievo: se il posto libero è occupato attraverso mobilità interna verticale l’assunzione non riguarda quella posizione ma in genere posizioni più basse, destinabili ad esempio a giovani o in genere a persone con bassa o nulla esperienza.
Si aggiunga inoltre che la nostra struttura imprenditoriale tipica è nella stragrande maggioranza dei casi fatta di aziende piccole piccolissime, dotate di scarsa cultura manageriale, in genere prive di funzioni e pratiche consolidate di gestione delle risorse umane, con bacini di reclutamento locali e spesso asfittici e di modalità tradizionali e destrutturate di selezione. Le aziende che invece hanno iniziato a rendere più flessibili e aperti i criteri con cui selezionano, via via orientandosi anche verso modalità di recruitment cosiddette «skills based», ovvero basate sulla analisi di cosa le persone sanno effettivamente fare, coinvolgendo e facendosi coinvolgere dagli altri attori che operano sul mercato del lavoro (Centri per l’impiego, agenzie formative, Terzo settore, ecc.) ottengono risultati molto migliori dai loro processi di reclutamento e selezione.
Si parla ormai diffusamente, anche in un recente documento della Commissione Europea, di «micro-credenziali», sul solco di una tendenza a una forte modularizzazione della formazione in ottica «lifelong learning» e di una sua precisa focalizzazione a conferire competenze specifiche validabili sulla base della evidenza di concreti saper fare, valorizzando le opportunità di maturare tali competenze anche in contesti non formalmente deputati alla istruzione e formazione, es. il posto di lavoro, ma anche informali, quali il volontariato, il tempo libero stesso, ecc.
Il nostro mercato del lavoro è quindi afflitto da un insieme di criticità non riconducibili solo al sempre citato mismatch originato dal non allineamento qualitativo fra domanda e offerta o dalla mancanza di offerta, ma che ha anche natura informativa: non è detto che non ci sia l’offerta adeguata o adeguabile, ma semplicemente che l’azienda non è in grado di reperirla e riconoscerla anche quando c’è, non possiede canali e strumenti adeguati per reclutare le persone che cerca, è spesso vittima inconsapevole di pregiudizi, è in difficoltà nel razionalizzare ciò di cui ha bisogno e afasica nell’esprimerlo. Si generano quindi contemporaneamente perdite di efficacia e di efficienza del sistema produttivo e processi di esclusione sociale proprio quando il tema emergente della sostenibilità e dell’impatto sociale, si pensi agli Esg, entra prepotentemente fra i criteri stessi di valutazione delle imprese, anche creditizi.
La realtà è che è ormai maturo e cogente il tempo di vedere le politiche attive del lavoro non solo, come comunemente avviene, lato offerta, ovvero come adattamento di chi cerca lavoro a esigenze date della domanda, ma anche guardando a come quest’ultima emerge, si esprime, di quali strumenti si avvale per il reclutamento, la selezione e formazione, la mobilità e le carriere, di come si creano le aspettative sulle caratteristiche desiderate e di come possono mutare nella interazione fra i vari attori. Del resto, è del premio Nobel Robert Solow – un economista – la definizione di «mercato del lavoro come costruzione sociale».
IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024
Il contributo di Marcello Bogetti, Direttore Labnet – SAA School of Management – Università di Torino, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.
L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.
Assolavoro pubblica in esclusiva ogni settimana un contributo tratto dalla pubblicazione con l’obiettivo di stimolare il dibattito online sul futuro del mercato del lavoro.