DARIO COSTANTINI, UNO SFORZO COLLETTIVO PER UN CAMBIAMENTO CULTURALE CHE NON AMMETTE SCORCIATOIE

Published On: 29 Ottobre 2024|Categorie: Comunicazione, Il Cloud del Lavoro|

Uno sforzo collettivo per un cambiamento culturale che non ammette scorciatoie

Dario Costantini, Presidente Nazionale di CNA, ne “Il Cloud del Lavoro 2023-2024” ha analizzato gli andamenti dell’economia italiana, focalizzandosi sul trend positivo dell’occupazione. In questo contesto, il mercato del lavoro italiano resta ancora soggetto a problematiche di lungo corso e di recente emersione, molte delle quali derivanti dalle difficoltà del sistema legislativo nel restare al passo con le rapide trasformazioni tecnologiche e sociali.

Tali innovazioni richiedono una riforma delle infrastrutture lavorative che semplifichi la contrattualistica e porti a un maggior allineamento tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto per le piccole imprese, che rappresentano il tessuto economico fondamentale del Paese. Il settore dell’artigianato e delle microimprese, infatti, ha contribuito fortemente alla ripresa occupazionale segnando un aumento del 2,5% tra il 2021 e il 2022, superiore alla media nazionale (2,4%). A trainare i settori delle costruzioni e del turismo, con una forte presenza di piccole imprese che da sole hanno prodotto circa 300mila nuovi posti di lavoro.

Anche i contratti a tempo indeterminato sono aumentati del 26,4% nel 2022, evidenziando la volontà delle piccoli imprese di investire su un’occupazione stabile e di qualità. Resta la difficoltà a reperire personale qualificato, fenomeno non soltanto italiano, ma ormai diffuso in tutta Europa. Nei Paesi dell’Unione circa il 25% delle aziende non riesce a soddisfare appieno la domanda di lavoro.

Il contributo di Dario Costantini tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”


 

Le regole e le parti sociali

UNO SFORZO COLLETTIVO PER UN CAMBIAMENTO CULTURALE CHE NON AMMETTE SCORCIATOIE

Il biennio alle spalle di crescita sostenuta dell’economia italiana ha generato una ripresa occupazionale di dimensioni rilevanti, con un volume di posizioni lavorative superiore persino ai  livelli precedenti la pandemia.

La positiva dinamica del mercato del lavoro, tuttavia, ha evidenziato anche una serie di criticità, alcune storiche, altre più recenti che sono gli effetti di interventi legislativi orientati a imporre logiche e dinamiche che il mercato fatica a digerire. È del tutto evidente che il mercato del lavoro è qualcosa in costante evoluzione, riflettendo l’innovazione tecnologica e dei processi produttivi, ma è anche lo specchio dei cambiamenti sociali e culturali, dell’andamento demografico e dei modelli urbanistici.

Attraverso la lente del lavoro si possono osservare e analizzare i cambiamenti più profondi delle società moderne. E per evitare una visione distorta è necessario che il concetto di lavoro possa sempre essere la rappresentazione dei tratti caratteristici dell’uomo e soprattutto esaltarne la dignità.

Il mercato italiano del lavoro da molti anni è oggetto di continui interventi legislativi che ne fanno un cantiere perennemente aperto, trascurando la circostanza che i tempi dell’economia e della società sono molto più veloci rispetto a quelli della politica.

Resta tuttavia l’esigenza di modernizzare le infrastrutture del mercato del lavoro così da agevolare l’incontro tra  domanda e offerta, la necessità di mettere ordine alla contrattualistica del lavoro per favorire  semplicità e trasparenza. Serve inoltre un approccio che sappia distinguere le diverse realtà imprenditoriali e territoriali e la capacità di intervenire sui fenomeni a lungo termine.

Tale approccio è particolarmente avvertito dal tessuto delle imprese artigiane sulle quali si scaricano  prevalentemente le inefficienze del mercato del lavoro. Eppure, la microimpresa si conferma ancora  energia vitale del sistema economico del Paese. L’ultimo biennio ha certificato il ruolo fondamentale svolto dall’imprenditoria diffusa sia in termini di contributo alla crescita del Pil e sia in termini di  innalzamento dell’occupazione.

L’accelerazione dell’economia italiana è stata trainata da turismo e costruzioni che si caratterizzano in larga parte per la presenza delle piccole imprese. Una dinamica che si è riflessa anche sull’andamento occupazionale. Le costruzioni mostrano una crescita degli occupati nel 2022 che sfiora il 3%. In totale l’anno alle spalle registra un aumento delle posizioni lavorative del 2,4% con un totale che sfiora i 14 milioni nel settore privato.

Gran parte della positiva performance è stata determinata dalle microimprese. I dati dell’osservatorio trimestrale curato da Ministero Lavoro, Inps e Istat sono inequivocabili. Le imprese fino a nove dipendenti registrano in termini assoluti il maggior incremento. Su base tendenziale nei primi 9 mesi del 2022 il numero dei dipendenti è salito di quasi 300 mila unità, contro gli 80 mila delle grandi imprese.

Il mondo dell’artigianato e della piccola impresa, quindi, ha fornito un impulso rilevante alla ripresa  economica. L’occupazione tra artigiani e piccole imprese è cresciuta infatti del 2,5%, un dato  superiore al +2,4% medio nazionale registrato dall’Istat.

Significativa è anche l’analisi dal punto di vista qualitativo del rapporto di lavoro. I nuovi contratti a tempo indeterminato sono aumentati del  26,4% nell’arco dell’anno, il miglior risultato dal 2018 a questa parte. Artigiani e piccole imprese hanno intercettato la ripresa e puntano sull’occupazione duratura e di qualità.

L’impatto della ripresa economica sull’occupazione appare evidente anche dall’analisi dei flussi di lavoratori in entrata e in uscita dalle imprese. L’anno scorso è stato registrato un sensibile aumento dell’avvicendamento tra assunzioni e cessazioni, cresciute entrambe a un tasso del 2,9%, il livello più elevato degli ultimi sei anni, a conferma che la ripresa dell’economia ha riattivato il normale avvicendamento delle posizioni lavorative. Esiste ormai una copiosa letteratura che mostra come i contratti a termine siano utilizzati in larga parte da imprese con oltre 15 dipendenti confermando, tra l’altro, che 10 anni di modifiche continue allo strumento del contratto a tempo determinato non hanno modificato la struttura duale del mercato del lavoro italiano.

Alla luce di tali numeri non deve sorprendere che sono le piccole imprese a soffrire maggiormente la carenza di personale. Le difficoltà a trovare figure specializzate sono tra le principali preoccupazioni di artigiani e piccole imprese, insieme al caro-energia e all’inflazione. La crescita economica e dell’occupazione alimenta la domanda di lavoro alla quale non corrisponde una adeguata offerta. I posti vacanti nell’economia italiana sono il 2,2%, circa 300 mila posizioni scoperte (più che raddoppiate in un anno). Nelle imprese con oltre 10 dipendenti la  percentuale si colloca al 2%, per cui nelle microimprese i posti vacanti sono circa il 2,5% del totale.

Nei mesi scorsi si è animato un acceso dibattito sulle difficoltà a reperire personale, mettendo tutto  nel frullatore con il risultato di far emergere analisi e letture semplicistiche e parziali.

Il fenomeno della carenza di personale non è solo italiano ma europeo, in Germania e Olanda è molto più acuto che da noi, nella Repubblica Ceca il tasso di posti vacanti è quasi tre volte quello dell’Italia. Una recente analisi indica che il 25% delle imprese europee fatica ad aumentare la produzione a causa  delle difficoltà a trovare dipendenti. Prima del Covid la percentuale era inferiore al 5%.

L’uscita dalla pandemia inoltre ha evidenziato altri due fenomeni che andranno studiati con grande attenzione: l’impennata delle dimissioni volontarie e la fuga dalle grandi città. Non siamo davanti alle dimensioni che si notano negli Stati Uniti e in Gran Bretagna ma i numeri cominciano a essere consistenti.

La pandemia certamente ha impresso una accelerazione al processo di trasformazione del mercato del lavoro di cui ancora non abbiamo colto le cause più profonde e gli orientamenti.

L’anno scorso le dimissioni volontarie in Italia sono aumentate del 33% sfiorando i due milioni e le previsioni mostrano un ulteriore incremento quest’anno. Non si tratta di persone stanche di lavorare, e lo  conferma la crescita del tasso di occupazione. Le ragioni sono molteplici: possibilità di trovare posti di  lavoro migliori, desiderio di avere più tempo per sé, conciliazione lavoro-tempo libero, smart working. Insomma, l’approccio, specialmente dei più giovani, al lavoro è cambiato radicalmente rispetto alle generazioni precedenti. Il mito del posto fisso ha lasciato il posto all’idea che il lavoro è solo parte del quotidiano e deve essere in equilibrio con il resto.

Tale cambiamento spiega anche la fuga dalle grandi città, attrattive per l’offerta di lavoro ma con un costo della vita decisamente più alto rispetto alla provincia. I flussi migratori non sono più dal Sud al Nord ma in larga parte dai centri urbani all’hinterland.

Questi trend recenti si accumulano ad alcuni fenomeni visibili da tempo ma sui quali il Paese non ha adottato le necessarie contromisure. Inverno demografico, perdita di peso specifico dell’istruzione, scollamento tra mondo delle imprese e sistema scolastico hanno prodotto un vulnus nella costruzione di competenze. Il crollo degli investimenti, soprattutto pubblici, arrestando il processo di modernizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali, i vincoli imposti dalla moneta unica hanno penalizzato la competitività e la produttività dell’Impresa Italia che si riflette  nella progressione quasi nulla delle retribuzioni.

Queste criticità vanno rimosse e serve un grande sforzo collettivo che coinvolga istituzioni, imprese, sistema scolastico e famiglie, nella consapevolezza che servono interventi a breve termine ma soprattutto un cambiamento profondo di carattere culturale che richiederà tempo e risorse ma che non ammette scorciatoie.

 


IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024

Il contributo di Dario Costantini, Presidente Nazionale CNA, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.

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