CARLO SANGALLI, POLITICHE ATTIVE: PUNTARE SUL FUTURO DELLE RISORSE UMANE
Salvare i giovani «inattivi»: una priorità per tutti
Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio, ne “Il Cloud del Lavoro 2023-2024” si è soffermato sul ruolo delle politiche attive nella valorizzazione del capitale umano. Per migliorare l’occupabilità occorre innanzitutto superare la distinzione tra erogazione di ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro. Permane, infatti, una carenza di competenze adeguate e una mancanza di esperienza tra i giovani che escono dai percorsi formativi.
Questo mismatch di competenze risulta ostacolante nella transizione tra scuola e lavoro e nel corso della carriera professionale, considerando i rapidi cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie e dalle sfide dei mercati. Con il Pnrr, dunque, un ruolo centrale viene assegnato alla formazione. La Missione 5, in particolare, mira a facilitare le transizioni occupazionali e a migliorare l’allineamento tra competenze e richiesta del mercato, aumentando la quantità e la qualità dei percorsi di formazione.
Il mercato del lavoro italiano è in rapida trasformazione. L’innovazione digitale e la transizione verde stanno creando nuove figure professionali. Pertanto, la qualificazione del capitale umano diventerà sempre più strategica sia per la competitività delle imprese che per l’occupabilità dei lavoratori.
Il contributo di Carlo Sangalli tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”
Le regole e le parti sociali
POLITICHE ATTIVE: PUNTARE SUL FUTURO DELLE RISORSE UMANE
La costruzione di un compiuto sistema di politiche attive del lavoro sconta, nel nostro Paese, un considerevole ritardo, risentendo della storica prevalenza di interventi per il mantenimento di situazioni che – non opportunamente accompagnate per un periodo adeguato – hanno spesso avuto l’unico effetto di rinviare le cessazioni di attività.
Il superamento della scissione tra l’erogazione degli ammortizzatori sociali e le politiche attive è, invece, la strada da percorrere per offrire efficaci opportunità di miglioramento della occupabilità ai lavoratori coinvolti in crisi aziendali, ma anche per rispondere a un paradosso del mercato del lavoro italiano: a un elevato tasso di disoccupazione e agli allarmanti dati relativi ai Neet si accompagna la difficoltà da parte del sistema imprenditoriale a reperire profili da introdurre in azienda che possano essere idonei a soddisfare i propri fabbisogni.
C’è una scarsità di profili e professionalità adeguati e rispondenti alle esigenze delle imprese e una inesperienza dei giovani in uscita dai percorsi formativi.
Il mismatch di competenze ostacola sia la fase di transizione fra scuola e lavoro ma anche tutta la carriera lavorativa delle persone, visti i rapidi cambiamenti indotti dalle nuove tecnologie e dalle sfide dei mercati. Le competenze e le skill richieste ai lavoratori sono radicalmente mutate.
La riforma delle politiche attive, così come delineata dal Pnrr, segna, dunque, un importante cambio di prospettiva, in ragione, appunto, della correlazione stretta perseguita fra queste politiche e il sistema dei sostegni al reddito, e del ruolo centrale riconosciuto alla formazione. Si tratta di una sfida di enorme rilevanza per il nostro Paese.
In particolare, la Missione 5, con la componente 1 «Politiche per il lavoro», mira ad aumentare il tasso di occupazione facilitando le transizioni lavorative e dotando le persone di adeguata formazione attraverso il migliore allineamento delle competenze e l’accrescimento della quantità e della qualità dei percorsi di formazione degli occupati e dei disoccupati.
La riforma delle politiche attive delineata dal Pnrr si basa su due principi cardine: il riequilibrio territoriale e il ruolo centrale della formazione riconosciuta come la chiave di volta per rispondere ai fabbisogni delle persone e del tessuto economico.
Inoltre, nell’impianto del Pnrr, le politiche attive estendono il loro campo di azione a tutte le tipologie di transizioni: non agiscono, cioè, solo in riferimento a quella dalla disoccupazione all’occupazione, ma intervengono anche sulle transizioni dalla formazione al lavoro e da un lavoro a un altro, anche all’interno di una stessa impresa.
La formazione deve, allora, accompagnare gli individui lungo tutto l’arco della loro vita, con attività volte alla riqualificazione e/o all’aggiornamento delle competenze.
Perno centrale della riforma è il Programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) che si rivolge a una platea ampia e varia, con una articolata mappa di servizi. Le regioni sono chiamate a predisporre i propri piani in coerenza con quanto definito a livello nazionale e intervenendo con le misure più opportune in relazione ai fabbisogni territoriali.
Le ingenti risorse dedicate al Programma Gol sono, dunque, un’occasione importante per effettuare interventi che abbiano effetti tangibili sui territori e che possano incidere su giovani e donne, su coloro che sono più lontani dal mercato del lavoro e su coloro che rischierebbero di uscirne senza le misure di riduzione dei divari messe appunto in campo dal Pnrr.
Il tratto che più caratterizza questa nuova impostazione è la personalizzazione degli interventi: personalizzazione ricercata affinché ciascun beneficiario possa effettivamente ricevere le prestazioni che la sua condizione richiede. È, infatti, fondamentale che tutti – indipendentemente dalla loro condizione di partenza o dal territorio in cui vivono – possano ricevere prestazioni adeguate alle esigenze e di pari qualità, che siano in grado di colmare la distanza da ciò che il mercato del lavoro richiede.
Un mercato del lavoro, peraltro, in veloce trasformazione e in cui le competenze e le skill richieste ai lavoratori sono profondamente cambiate. Da un lato, infatti, molte professioni, anche quelle considerate più tradizionali, hanno subìto una rapida evoluzione e sono divenute più complesse; dall’altro, la trasformazione digitale e la transizione verde contribuiscono alla creazione di nuove mansioni.
In questo contesto, la qualificazione del capitale umano assume una crescente importanza strategica: per la competitività delle imprese e per l’occupabilità delle persone.
La contrattazione collettiva: ma solo dei soggetti qualificati
Parimenti strategica è, nel nostro Paese, la diffusione di una contrattazione collettiva espressione della reale rappresentatività delle forze sociali che la negoziano.
La contrattazione collettiva del terziario di mercato, applicata a quasi cinque milioni di lavoratori dipendenti, assume, dunque, un ruolo strategico non solo nella gestione dei rapporti di lavoro, ma anche nel contesto macroeconomico del Paese: è, infatti, una contrattazione la cui diffusione è indice della capacità di cogliere le esigenze derivanti dalle forti trasformazioni alle quali stiamo assistendo nel mercato del lavoro e di interpretare i cambiamenti dell’economia.
Bilateralità e welfare contrattuale: la cooperazione tra parti sociali
Uno dei punti di forza della contrattazione collettiva – sviluppato a partire dagli anni ’90 del secolo scorso – è rappresentato dai sistemi di bilateralità. La costituzione degli enti e dei fondi bilaterali si compie nel contesto di un processo che registra l’emersione di relazioni sindacali meno conflittuali e che conduce le parti sociali a condividere – ferma restando l’autonomia della rappresentanza – regole e procedure per gestire costruttivamente le dinamiche nei contesti di lavoro.
I sistemi bilaterali del terziario hanno così acquisito una funzione di regolazione del mercato del lavoro, che va oltre il ruolo tradizionale della bilateralità erogatrice di servizi.
Lo stesso futuro di questi sistemi è particolarmente connesso alla capacità di accompagnare – e non subire – le fasi transizionali nel mercato del lavoro. La bilateralità espressa dalla contrattazione collettiva del terziario di mercato, sottoscritta dal sistema Confcommercio e dalle organizzazioni sindacali confederali, è, oggi, la più completa infrastruttura di welfare contrattuale del Paese, ed è caratterizzata da un forte impegno sul terreno della trasparenza e dell’efficienza di gestione.
Ne fanno parte Fondi che offrono coperture di secondo pilastro a milioni di lavoratori, dalla sanità integrativa alla previdenza complementare. Fondi che non solo hanno continuato a crescere in questi anni difficili, ma che hanno anche dimostrato, proprio in tempi complessi, una efficace capacità di risposta a nuovi bisogni.
D’altronde, l’accelerazione del progresso tecnologico, oltre a determinare la trasformazione dei rapporti di lavoro, seleziona sempre più le imprese in base alla loro capacità e velocità di adattamento. E questo anche in termini di risposta all’emergere dei nuovi bisogni di welfare. Le politiche di welfare messe in campo da questa bilateralità – facendo leva sullo sviluppo del capitale umano, sul miglioramento del clima organizzativo, sul benessere dei dipendenti – supportano, dunque, positivamente la competitività di imprese che contribuiscono ad aumentare la ricchezza e lo sviluppo del Paese, anche favorendo la creazione di una migliore occupazione.
Produttività, welfare contrattuale, equilibrio tra vita lavorativa e privata, innovazione, benessere organizzativo, competitività: sono esigenze strettamente connesse e che trovano risposta a partire dal contratto di lavoro. Lo scambio tradizionale tra il lavoro e il salario si sta sempre più integrando, in sostanza, con lo scambio tra il lavoro e un nuovo welfare: nuovo, perché più attento ai cambiamenti del lavoro e alla necessità di accompagnare i lavoratori nei propri percorsi professionali. È questa la sfida che il welfare contrattuale del terziario di mercato ha saputo intercettare e interpretare. Una sfida positivamente affrontata anche nel tempo della pandemia: con la risposta dei fondi sanitari, che hanno integrato i propri piani offrendo prestazioni aggiuntive e specifiche legate all’emergenza sanitaria, e dei fondi pensione, che hanno ammesso eventuali ritardi contributivi da parte delle imprese senza applicazione di interessi di mora.
IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024
Il contributo di Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.
L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.
Assolavoro pubblica in esclusiva ogni settimana un contributo tratto dalla pubblicazione con l’obiettivo di stimolare il dibattito online sul futuro del mercato del lavoro.