MAURIZIO GARDINI, SALVARE I GIOVANI «INATTIVI»: UNA PRIORITÀ PER TUTTI

Published On: 8 Ottobre 2024|Categorie: Comunicazione, Il Cloud del Lavoro|

Salvare i giovani «inattivi»: una priorità per tutti

Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, ne “Il Cloud del Lavoro 2023-2024” ha analizzato l’ampio tema degli squilibri nel mercato italiano. Con 3,3 milioni di Neet tra i 15 e i 32 anni, 3,5 milioni di lavoratori in nero e 4,9 milioni di lavoratori poveri emerge una situazione in cui parte significativa della popolazione non riesce a intravedere un futuro lavorativo dignitoso e stabile.

Tra le conseguenze più gravi di questo squilibrio l’evasione fiscale e previdenziale, nonché il fenomeno delle “grandi dimissioni”, che ha coinvolto 1,6 milioni di lavoratori, a riprova di un livello di insoddisfazione alto. A ciò si aggiunge la difficoltà delle imprese nel reperire personale qualificato. Mancano oltre 233mila profili professionali adeguati, ma un numero elevato di giovani continua ad alienarsi dal mondo del lavoro. Inoltre, molti dei giovani Neet possiedono bassi livelli di istruzione: oltre 11mila under 30 hanno conseguito soltanto la licenza elementare, mentre 128.710 quella media.

È necessario un cambiamento di rotta: occorrono politiche attive in grado di valorizzare le competenze di queste fasce di popolazione, a contrasto del “lavoro povero”, e che forniscano opportunità di crescita per le prossime generazioni. Senza un’azione concertata e di lungo termine il rischio è alimentare la disaffezione verso il lavoro, con conseguenze potenzialmente disastrose per la ripresa economica e sociale del Paese.

Il contributo di Maurizio Gardini tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”


 

Le regole e le parti sociali

SALVARE I GIOVANI «INATTIVI»: UNA PRIORITÀ PER TUTTI

Gli squilibri e le anomalie nel mercato del lavoro italiano si raccontano in numeri che vanno, purtroppo, al di là della  preoccupazione: 3,3 milioni di Neet tra i 15 e i 32 anni; 3,5 milioni di lavoratori in nero; 4,9 milioni di lavoratori poveri. Un esercito di persone che in queste condizioni non riesce ad avere un orizzonte di futuro. Dove non solo viene  calpestata la dignità del lavoro, ma si assiste anche a un’evasione fiscale e previdenziale il cui risultato sarà quello di  avere 6 milioni di pensionati poveri e poverissimi entro il 2040. A questi dati drammatici si aggiunge il fenomeno delle  grandi dimissioni che ha interessato 1,6 milioni di persone che hanno lasciato il lavoro senza averne un altro perché non sono soddisfatti pur essendo quello italiano un mercato del lavoro rigido dove difficilmente chi esce rientra subito.

Il nodo lavoro va visto poi anche dalla parte delle imprese che sono pronte ad assumere, ma che non trovano personale qualificato. Un mismatch che lo scorso anno è costato oltre 21 miliardi: l’1,2% del Pil (fonte Censis). Un conto salato che il Sistema Italia paga a causa del mancato incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro.

Quello che il nostro Paese sta vivendo è un paradosso che non possiamo continuare ad alimentare. Mancano all’appello oltre 233 mila profili professionali adeguati alla richiesta in un Paese dove abbiamo un numero di Neet elevatissimo tanto che abbiamo un pezzo di generazione lavorativa a rischio.

Va riscoperto il senso del lavoro, del proiettarsi verso il domani. Al nostro Paese manca «l’andare oltre» come dice il sociologo Giuseppe De Rita. Quello che manca e che va creato è un nuovo senso del lavoro.

Perché 1,6 milioni di lavoratori, che vivono di stipendio, si dimettono prima ancora di avere una valida alternativa?

Abbiamo 3,5 milioni di Neet che rendono difficile pensare che chi non ha trovato il suo varco nel mondo del lavoro fino a 28-30 anni riesca a farlo. Di contro alle imprese manca il personale e non parliamo sempre di personale specializzato. Mancano i camerieri, i custodi, i bagnini, non solo gli ingegneri chimici.

Perché il Servizio civile che ha bandito oltre 71.000 posti fatica a trovare le candidature? Questo nonostante rappresenti un primo valido ingresso nel mondo del lavoro. E al tempo stesso abbiamo 364.101 giovani tra i 18 e i 29 anni, stesso target del servizio civile, che sono percettori del Reddito di cittadinanza. Di essi, abbiamo scoperto da un’audizione parlamentare del ministro Valditara che ben 11.290 possiedono soltanto la licenza elementare o addirittura nessun titolo e altri 128.710 soltanto il titolo di licenza media. La sovrapposizione di diverse emergenze, nel giro di meno di due anni, ha determinato una stratificazione di condizioni di disagio difficili da affrontare, dopo la lockdown economy, l’inflazione,  la guerra nel cuore dell’Europa e una tempesta dei prezzi che colpisce le fasce più fragili del Paese sia tra i cittadini sia  tra le imprese.

Davanti a noi non abbiamo solo un problema di disuguaglianze, ma di polarizzazione fra chi è riuscito a contrastare e a resistere alle diverse ondate di crisi, e chi, già partendo da condizioni svantaggiate, non è stato in grado di difendersi.

L’inflazione si presenta come fortemente selettiva nei confronti di chi non ha margine per compensare un’immediata perdita di potere d’acquisto a fronte di spese non comprimibili e strettamente legate alla possibilità di condurre una vita.

La geografia della povertà e del disagio economico e sociale tende oggi ad allargarsi anche ad aree della società ritenute, tradizionalmente, al riparo dal rischio di non poter disporre di un reddito sufficiente a mantenere uno standard di vita consolidato. Mentre scivolano sempre più in basso le fasce deboli del Paese le famiglie più fragili e i pensionati. La crisi morde sempre di più la locomotiva del Paese: le imprese, in particolar modo quelle meno strutturate, ma anche alcune medie e grandi sono a rischio default per l’esorbitante aumento delle tariffe energetiche. Crisi che hanno ricadute sull’occupazione, sul Pil e sulla gestione delle linee di credito.

Accanto alla povertà come fenomeno strutturale della società italiana con dieci milioni di persone, acquistano sempre  più rilevanza il fenomeno del «lavoro povero» e dei Neet.

Occorre uno scatto in avanti, passando da politiche passive a politiche attive per l’occupazione. Un «Patto sociale» tra  governo, imprese e sindacati. Non vedere le cose da questa prospettiva significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani e oltre 3 milioni di Neet di cui la metà donne. Non è impegno di questo o di quel governo. Va al di là della durata di una legislatura.

 


IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024

Il contributo di Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.

L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.

Assolavoro pubblica in esclusiva ogni settimana un contributo tratto dalla pubblicazione con l’obiettivo di stimolare il dibattito online sul futuro del mercato del lavoro.

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