PATRIZIA DE LUISE: FORMAZIONE, POLITICHE ATTIVE, CONTRATTAZIONE. LE LEVE PER CONTRASTARE IL MISMATCH

Published On: 14 Maggio 2024|Categorie: Comunicazione, Il Cloud del Lavoro|

Formazione, Politiche Attive, Contrattazione: le leve per contrastare il mismatch

Patrizia De Luise, Presidente di Confesercenti, ne il “Cloud del Lavoro 2023-2024” si interroga sul disallineamento delle competenze nel mondo del lavoro e sulle diverse possibilità di intervento. La sfida del mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro italiano è diventata una vera e propria crisi, soprattutto nel post-Covid, e ha evidenziato la necessità di riforme integrate ed efficaci per affrontarla. I dati più recenti mostrano un aumento costante di questo fenomeno negli ultimi anni, che continua ad accelerare senza che vi siano interventi adeguati.

Il mercato del lavoro italiano è complesso, con fattori demografici che pesano sullo scenario attuale: meno giovani e più anziani, difficilmente formabili e impiegabili. Da ciò ne consegue che ci siano quasi 500mila disoccupati over 50, circa lo stesso numero di quelli tra 25 e 34 anni, oltre ai “disoccupati scoraggiati” che hanno rinunciato a cercare lavoro.

A ciò si aggiungono anche le esigenze personali, come l’attenzione al work-life balance, che stanno diventando sempre più importanti nella scelta del lavoro, soprattutto tra i giovani. Tuttavia, la formazione inadeguata e poco orientata al mercato del lavoro e alla digitalizzazione, unita all’aspetto retributivo, comportano un aggravarsi del mismatch. Basti pensare che molte professioni che richiedono disponibilità a lavorare durante festivi e prefestivi, come nel turismo, hanno ora perso d’attrattività per i giovani.

Lato imprese, il fatto che molti posti di lavoro rimangano scoperti causa non pochi problemi, soprattutto nel settore turistico. E dunque, nonostante la ripresa economica post-Covid, molte attività si trovano impossibilitate a crescere per via della mancanza di personale.

Pertanto, per affrontare questa situazione, diventa più che mai necessario rilanciare la formazione e le politiche attive per il lavoro, sostenere le imprese anche nel favorire la mobilità dei lavoratori e contrastare il lavoro sommerso.

Il contributo di Patrizia De Luise tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”


 

Le regole e le parti sociali

FORMAZIONE, POLITICHE ATTIVE, CONTRATTAZIONE: LE LEVE PER CONTRASTARE IL MISMATCH

Lo squilibrio tra domanda e offerta nel mercato del lavoro è un problema che affligge da anni il nostro Paese, e che ora – a seguito della ripresa post-Covid – è diventato una vera e propria crisi e una sfida per il sistema  imprenditoriale ed economico italiano. Le dimensioni di questa sfida sono rilevate dai dati di Unioncamere-Excelsior, che mostrano una crescita significativa del mismatch in questi ultimi due anni, a nostro avviso
purtroppo destinata ad accelerare in futuro in assenza di riforme integrate ed efficaci.

Il mercato del lavoro italiano è molto complesso e sfaccettato, a partire dai fattori demografici: nel nostro Paese, purtroppo, ci sono sempre meno giovani e più anziani, più difficilmente formabili e impiegabili. Lo stesso vale per i circa 2 milioni di disoccupati italiani: quelli di età superiore ai 50 anni sono quasi 500 mila, all’incirca lo stesso numero dei disoccupati tra 25 e 34 anni. A questi disoccupati vanno aggiunti poi gli inattivi «scoraggiati», che hanno rinunciato a cercare lavoro, e che dovrebbero essere ancora di più, sui 2,5 milioni. Ci sono poi quelli che hanno un lavoro precario, quelli che temono di perdere il lavoro o rischiano di perderlo a causa del  crescente divario di competenze, quelli che vogliono cambiare lavoro e quelli che non sono affatto interessati a trovare un’occupazione. La stima diventa meno precisa, ma stiamo parlando di circa dieci milioni di persone, forse di più.

Le cause di questa situazione sono molteplici, tra cui fattori demografici, sociali, culturali. Da oltre un anno registriamo una forte tendenza da parte dei lavoratori, anche giovani, a mettere al primo posto la  possibilità di avere più tempo libero a disposizione. Le esigenze di natura personale si stanno dunque affermando in maniera molto netta. Le famiglie, e soprattutto i giovani, stanno manifestando sempre di più la volontà di poter disporre di maggior tempo per le relazioni sociali. Da questo punto di vista lo smart working, là dove utilizzabile, ha dato certamente alcune risposte, sebbene parziali. Le posizioni lavorative che richiedono importanti impegni nei festivi e nei prefestivi – tipici, ad esempio, del turismo – hanno però perso  progressivamente attrattività presso i giovani lavoratori.

Pesa, però, anche una formazione inadeguata, poco orientata alle richieste del mercato e non allineata all’innovazione tecnologica. L’informatica e i processi di digitalizzazione stanno rivoluzionando il mondo del lavoro, ma le scuole – così come sono organizzate oggi – non rispondono adeguatamente al cambiamento in atto. Nel suo complesso, il settore della formazione presenta purtroppo ritardi strutturali, con una bassa qualità media dei sistemi di apprendimento in uscita dalla scuola superiore e una tendenza di preoccupante crescita dei tassi di abbandono.

Oltre ai cambiamenti culturali e sociali e alle carenze del sistema formativo, però, c’è un terzo fattore: quello retributivo. È innegabile che, al di là del fenomeno inflattivo dell’ultimo anno, i salari italiani siano tenuti al palo dal proliferare di quei contratti che noi definiamo «pirata», firmati da organizzazioni poco o per nulla rappresentative, che puntano al massimo ribasso. Un fenomeno che genera dumping contrattuale e determina l’applicazione di salari non congrui rispetto a quelli dei contratti collettivi stipulati dalle Organizzazioni realmente rappresentative.

Vista la situazione dell’offerta non stupisce che, dal lato della domanda, ci siano molti posti di lavoro non occupati, sia nel settore privato sia in quello pubblico. Molte piccole imprese rischiano di chiudere per mancanza di manodopera, molte altre ancora si trovano a dovere affrontare un crescente gap di competenze interne, che ne riduce la  competitività sul mercato. Una situazione che riguarda tutto il settore terziario, e che è particolarmente grave nel turismo: per l’ultimo trimestre del 2022 stimiamo tra i 55 mila e i 60 mila lavoratori «mancanti» nel settore.

Nonostante la forte accelerazione dell’economia nel periodo immediatamente successivo al Covid, quindi, molte attività che avrebbero avuto la possibilità di crescere non sono riuscite ad approfittare dell’opportunità, perché impossibilitate a trovare personale. Uno scenario che ci ha portato a inaugurare una collaborazione con le agenzie per il lavoro, con l’obiettivo di formare professionisti che abbiano le competenze necessarie per colmare questo gap tra domanda e offerta.

La soluzione al problema, però, non può essere lasciata alla sola iniziativa delle associazioni. Occorre agire con scelte che diano risposte adeguate alle tre variabili indicate. È necessario, in primo luogo, rilanciare in modo serio e strutturato la formazione e le politiche attive per il lavoro. Anche con iniziative a sostegno delle imprese per favorire la mobilità dei lavoratori, a partire da misure per la disponibilità abitativa, in particolare per le attività stagionali.

In generale, serve fare di più anche sulla politica salariale e nel contrasto alla contrattazione pirata. Bisogna realizzare le condizioni per favorire l’applicazione delle norme che già oggi privilegiano l’applicazione dei contratti collettivi  comparativamente più rappresentativi, estendendo il riferimento alla retribuzione da essi definita da parametro obbligatorio per il versamento dei contributi previdenziali a parametro obbligatorio per il riconoscimento di retribuzioni minime. Questa soluzione rafforzerebbe la funzione dei contratti collettivi, riducendo l’impatto del dumping contrattuale.

È fondamentale, però, affrontare la questione anche da un punto di vista fiscale. Come è noto a tutti, le retribuzioni italiane scontano un cuneo fiscale eccessivo. Nel 2021 avevamo il quinto cuneo fiscale più alto sia fra i Paesi Ocse sia fra quelli dell’area euro: per un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo medio, era del 46,5%, contro una media del 41,4% nell’area euro. Il taglio del cuneo previsto dalla manovra è un piccolo passo, ma serve di più. La strada giusta sarebbe la detassazione degli aumenti retributivi stabiliti dai Ccnl comparativamente più rappresentativi. Un intervento che aiuterebbe la ripartenza della contrattazione e dei salari, permettendo alle famiglie di recuperare almeno in parte il potere d’acquisto perduto.

 


IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024

Il contributo di Patrizia De Luise, Presidente di Confesercenti, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.

L’obiettivo de Il Cloud del Lavoro è quello di offrire le coordinate più puntuali su regole, flessibilità, politiche attive, servizi, Agenzie per il Lavoro, dati, formazione, competenze, welfare, relazioni industriali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e prospettive del mercato del lavoro tra il 2023 e 2024.

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