MATTEO COLOMBO: GLI ISTITUTI TECNOLOGICI SUPERIORI (ITS ACADEMY)
Gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy): gli sviluppi più recenti e le prospettive aperte
Matteo Colombo (Adapt) nel suo intervento su “Il Cloud del Lavoro 2023-2024” analizza il sistema degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), ora Istituti Tecnologici Superiori, recentemente oggetto di una importante riforma, che oltre alla modifica del nome, ne ha aggiornato le aree tecnologiche di riferimento, aumentato la quota di ore di insegnamento assegnate a docenti provenienti dal mondo delle aziende, potenziato le ore di stage, ed introdotto un sistema di accreditamento, in parte analogo a quello dei servizi per il lavoro, con la definizione di standard minimi a cui le regioni dovranno conformarsi nella configurazione dei rispettivi sistemi di accreditamento regionali.
Colombo nel compiere la sua analisi esalta il ruolo degli ITS anche alla luce delle importanti risorse dedicate a questi dal PNRR: 1,5 miliardi di euro per potenziarne l’offerta formativa con l’obiettivo di raddoppiare gli iscritti, investendo su laboratori ad alta tecnologia, sulle sedi e sui campus ITS, e sul miglioramento dei rapporti con le imprese.
Il Ricercatore, infine, tratta le prospettive di questa tipologia di formazione professionale auspicando la costruzione di una vera filiera professionalizzante, alternativa e non subalterna al mondo della scuola e dell’università, e capace di collaborare in maniera sempre più stretta e integrata con i territori e le imprese.
Il contributo di Matteo Colombo tratto da “Il Cloud del Lavoro 2023-2024”
La Formazione, il welfare, la bilateralità
GLI ISTITUTI TECNOLOGICI SUPERIORI (ITS ACADEMY): GLI SVILUPPI PIÙ RECENTI E LE PROSPETTIVE APERTE
Il sistema degli Istituti tecnici superiori, oggi Istituti tecnologici superiori (Its Academy), è stato oggetto di un’importante «riforma» nel corso del 2022. A lungo attesa e inserita nell’ambito delle azioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), grazie ad essa è ora disponibile un quadro di regole chiare dedicato al segmento italiano dell’istruzione terziaria non accademica, alternativa cioè alla formazione universitaria.
Prima di approfondirne i contenuti, è però opportuno soffermarsi brevemente sulle caratteristiche principali del sistema Its, ancora oggi poco conosciuto. Così facendo sarà anche possibile tornare nelle conclusioni sugli elementi approfonditi, per ipotizzare alcune possibili traiettorie evolutive del sistema.
Di cosa parliamo quando parliamo di Its?
A differenza di quanto è possibile osservare in altri Paesi europei – e non solo – in Italia è storicamente mancato un sistema di istruzione (e formazione) terziaria non accademica, come sistema cioè al quale è possibile accedere al termine del secondo ciclo di studi – quindi dopo l’acquisizione di un diploma di maturità o di un diploma professionale – alternativo e distinto dall’istruzione accademica realizzata dalle università.
In questa sede non è possibile approfondire, nel dettaglio, le ragioni alla base di tale assenza. Più interessante è notare che risalgono ad almeno trent’anni fa i primi appelli alla costruzione di un sistema terziario non accademico, concretizzati poi con la legge n. 144 del 1999 che, all’articolo 69, ha «istituito il sistema della istruzione e formazione tecnica superiore». Un segmento formativo che è però rimasto sostanzialmente sulla carta, con poche sperimentazioni diffuse a livello locale.
È solo dopo il Dpcm del 25 gennaio 2008, che ridisegna l’organizzazione e la governance del sistema, che nascono le prime Fondazione Its, ancora oggi operative, e vengono attivati i primi corsi di formazione. Numerosi interventi normativi si sono poi succeduti negli anni, generando una stratificazione che ha reso necessario ordinare in una legge organica le diverse disposizioni riguardanti il sistema degli Istituti Tecnici Superiori.
Quando parliamo di Its, almeno dopo il 2008, parliamo di Fondazioni costituite da imprese, enti di formazione, scuole, università, enti locali e centri di ricerca che realizzano percorsi di durata biennale e – più raramente – triennale caratterizzati da una stretta integrazione tra lavoro e apprendimento, accessibili ai diplomati della scuola superiori e a coloro che, al termine di un percorso quadriennale regionale di formazione professionale, hanno completato un percorso annuale di Istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) coerente con l’area tecnologica dell’Its.
Come già anticipato, si caratterizzano per una forte valorizzazione dell’esperienza lavorativa quale luogo di apprendimento non subalterno, ma di pari valore, rispetto alla formazione teorica e frontale. Prevedono infatti degli stage aziendali obbligatori per tutti gli iscritti, mentre almeno la metà del corpo docente è composto da professionisti provenienti dal mondo del lavoro. La didattica svolta presso l’istituzione formativa si caratterizza comunque per la sua dimensione laboratoriale e innovativa. I percorsi formativi, pur essendo organizzati in aree tecnologiche, ambiti, e figure professionali di riferimento, godono di un alto tasso di personalizzazione in base ai fabbisogni locali: i soci e i partner di ogni Fondazione hanno quindi margine per costruire percorsi formativi aderenti alle necessità delle imprese e più in generale del territorio, in termini di competenze innovative individuate grazie al supporto anche della stessa rappresentanza di imprese e lavoro e delle altre istituzioni coinvolte nella governance di ogni Fondazione. Tale stretta integrazione con il mondo di lavoro genera elevati tassi di placement: basti pensare che, secondo i dati forniti da Indire e AlmaLaurea, a dodici mesi dal conseguimento del titolo la percentuale di diplomati Its è pari al 81%, contro il 76,5% dei laureati magistrali e il 74,5% dei laureati triennali. Il tasso di coerenza tra quanto studiato e la prima occupazione è poi particolarmente alto, pari al 91%: un dato record per l’Italia, dove invece si assiste spesso a uno scollamento tra percorso di studi completato e impiego svolto, che genera preoccupanti fenomeni di sovra e sotto istruzione, a detrimento poi delle capacità di sviluppo delle imprese e delle carriere individuali. Allo stesso tempo, i rapporti dedicati a questo sistema ne constatano la scarsa diffusione: basti pensare che nel 2022 gli iscritti erano 19.137, contro il 1.822.141 di iscritti all’Università: sono quindi lo 0,9% sul totale degli iscritti a percorsi terziari. In altri Paesi percorsi analoghi riscuotono un successo ben più elevato: gli iscritti a percorsi terziari non accademici sono 305.733 in Germania (quindi il 9,3% sul totale degli iscritti a livello terziario, comprendendo anche le Università), 1.574.467 in Francia (57%), 72.326 in Austria (17%), 61.458 in Svizzera (19,2%).
Quando parliamo di Its parliamo quindi di percorsi professionalizzanti di alto livello, in grado di formare nuove professionalità tecniche dotate di competenze innovative grazie ad una stretta collaborazione – caso raro, nel nostro Paese – tra sistemi formativi e mondo del lavoro, capaci di rispondere e anzi anticipare i fabbisogni di uno specifico settore: apprezzati dalle imprese, in grado di garantire il più alto tasso di placement tra i percorsi di studio italiani, sono però ancora poco diffusi. Per superare quest’ultima criticità sono state previste misure specifiche dal Pnrr italiano.
Gli Its e il Pnrr
Nell’ambito della Missione 4 il Pnrr ha destinato agli Its un finanziamento pari a 1,5 miliardi di euro, finalizzato a potenziare l’offerta formativa di questi istituti. L’obiettivo, dichiarato, è quello di raddoppiare gli iscritti, investendo su laboratori ad alta tecnologia, sulle sedi e sui campus Its e sul miglioramento dei rapporti con le imprese.
È stato auspicato anche un aumento del numero di corsi miranti alla costruzione di profili professionali richiesti dalle trasformazioni generate da Industria 4.0, andando così a rinsaldare un rapporto – quello tra Its e innovazione – già presente in diverse sperimentazioni regionali.
Il Pnrr insiste anche sull’importanza di costruire una migliore sinergia tra università e Its: a questo proposito, è stata prospettata un’integrazione che concretamente potrebbe realizzarsi nella costruzione di «passerelle» in grado di garantire il proseguo degli studi dei diplomati Its a livello universitario. Inoltre, il Piano è intervenuto anche su un nodo che è già stato sottolineato cruciale: quello dell’orientamento, sottolineando l’importanza di intensificare attività locali di promozione dell’offerta formativa terziaria, accademica e no.
Come già anticipato, tra le riforme previste dal Pnrr era prevista anche quella del sistema Its, approvata in via definitiva il 15 luglio del 2022, mentre a proposito del miliardo e mezzo summenzionato, a dicembre 2022 erano stati stanziati solamente i primi 500 milioni, destinati al potenziamento dei laboratori. Le altre iniziative previste dal Pnrr non sono, quindi, state ancora implementate.
La «riforma» tanto attesa: la legge n. 99/2022
L’intervento più importante dedicato agli Its nel corso del 2022 è stata quindi la «riforma» prevista dalla legge n. 99/2022, recante come titolo «Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore». Di seguito ne vengono presentati gli elementi più innovativi, rispetto all’impianto regolatorio consolidato dal 2008 in poi.
Già il primo articolo della legge in commento introduce importanti novità. La prima, più evidente, riguarda il cambiamento del nome degli Its: da Istituti Tecnici Superiori, a Istituti tecnologici superiori (Its Academy). Da tempo si chiedeva, da più parti, di intervenire in tal senso: troppo spesso confusi con gli istituti tecnici di istruzione secondaria superiore (comunemente noti, ancora, come Itis), gli Its correvano il rischio di esser scambiati per percorsi secondari, destinati ai soli diplomati tecnici, e quindi di rango – e valore – inferiore al sistema di istruzione terziario.
L’obiettivo era quindi favorirne la riconoscibilità, ma anche l’attrattività agli occhi degli studenti. Su questo tema si è molto discusso e numerose sono state anche le proposte avanzate. Quella approvata tiene assieme l’inglesismo Academy con il tradizionale acronimo Its, sostituendo però la parola «tecnico» con «tecnologico».
Facendo un passo indietro è interessante notare anche il titolo scelto per la legge: obiettivo è infatti quello di istituire il «Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore», che finora (ai sensi del già menzionato Dpcm del 2008) era invece noto come «Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore». Il riferimento alla formazione viene quindi meno in questa nuova formulazione. Una differenza solo apparentemente trascurabile: pare che il legislatore voglia così chiarire la preminenza della competenza nazionale, dato l’esclusivo rimando all’istruzione, sul sistema Its, eliminando il riferimento alla formazione che invece, com’è noto, riguarda le competenze delle regioni.
La «riforma» prevede anche un aggiornamento delle aree tecnologiche, che saranno individuate con successivo decreto. La quota di ore di insegnamento assegnate a docenti provenienti dal mondo del lavoro salgono dal 50% al 60%, mentre aumentano anche le ore di stage, dal 30% al 35%. Nella prospettiva di una differenziazione dell’offerta formativa, la norma procede anche in una distinzione tra percorsi di quinto livello Its con durata di quattro semestri con almeno 1.800 ore di formazione e percorsi di sesto livello Eqf con durata di almeno 3.000 ore. Ammette inoltre anche percorsi cogestiti in collaborazione tra Università e Its che, nell’esercizio della loro autonomia istituzionale, possono concludere dei patti per la condivisione dei programmi, know how, corsi e crediti. Tra le principali novità rispetto allo scenario attuale, deve infine segnalarsi la scelta del legislatore nazionale di introdurre un sistema di accreditamento degli Its, in parte analogo a quello dei servizi per il lavoro, con la definizione di standard minimi a cui le regioni dovranno conformarsi nella configurazione dei rispettivi sistemi di accreditamento regionali.
Restano ancora alcuni elementi di criticità di cui sarà necessario verificare le ricadute applicative nei prossimi anni. Ad esempio, a differenza della normativa vigente, non sono posti limiti alla tipologia di istituto scolastico socio fondatore, che potrà essere anche un liceo e non solamente un istituto tecnico e professionale. Questa caratteristica potrebbe allontanare alcuni percorsi Its dalla propria vocazione professionalizzante e ricondurli inutilmente a un percorso simile e parallelo a un percorso di laurea triennale. Dubbi sorgono anche a fronte del – singolare – ruolo delle Commissioni parlamentari competenti, chiamate a pronunciarsi sul sistema di accreditamento, di finanziamento, e sul raccordo con l’università: si comprende la volontà di un controllo «centrale» del sistema, ma sembra eccessivo lo spazio sottratto a quei centri decisionali, come le regioni, di certo più prossimi agli Its e capaci di leggerne le concrete dinamiche evolutive e i relativi fabbisogni con maggiore celerità ed efficienza.
L’approvazione della «riforma» è solamente il primo di diversi passaggi necessari per rendere operativo il nuovo sistema terziario di istruzione tecnologica superiore che non vedrà la luce prima dell’anno formativo 2023/2024. La norma infatti prevede l’emanazione di quasi venti atti per rendere operativo il sistema, quasi tutti decreti attuativi che devono ancora essere discussi ed elaborati.
Le prospettive aperte
La legge commentata al paragrafo precedente è evidentemente frutto di un lungo e faticoso lavoro di mediazione politica, le cui tracce sono ancora evidenti. Mediazione tra tendenze opposte: tra Stato e Regioni, e tra Scuola-Università e Imprese. Essa sembra favorire una centralizzazione e un maggior controllo statale del sistema, mentre rifugge dal tentativo di una sua «scolasticizzazione», a tutela della sua originalità e delle sue caratteristiche proprie. Inutile aggiungere che una valutazione complessiva non potrà che essere formulata a seguito dell’approvazione dei numerosi decreti attuativi ricordati. Ciò nonostante, fin d’ora è possibile osservare il tentativo di favorire raccordi con le università, di controllare la qualità del sistema grazie a puntuali monitoraggi, di promuovere investimenti destinati alla realizzazione di campus e sedi tecnologicamente all’avanguardia, di preservare l’autonomia delle fondazioni e la centralità del ruolo delle imprese: tutti elementi positivi, e necessari, per una compiuta affermazione del «nuovo» sistema Its.
La «riforma» approvata e i fondi del Pnrr in arrivo non possono però, da soli, determinare la compiuta affermazione del sistema Its. Molto dipenderà da quale traiettoria evolutiva seguiranno queste istituzioni. Una prospettiva particolarmente interessante rifugge dal tentativo di «assorbirli» all’interno del mondo dell’istruzione terziaria accademica, ad esempio immaginandoli come semplici «passerelle» per accedere all’ultimo anno di una laurea triennale professionalizzante, e guarda nella direzione opposta: verso la costruzione di una vera filiera professionalizzante, alternativa e non subalterna al mondo della scuola e dell’università, e capace di collaborare in maniera sempre più stretta e integrata con i territori e le imprese.
In Italia manca infatti una filiera professionalizzante, che dai percorsi triennali e quadriennali regionali di livello secondario superiori possa portare fino agli Its. Particolarmente debole è l’anello di congiunzione tra percorsi regionali di istruzione e formazione professionale e Its, e cioè gli Ifts, ancora poco conosciuti e ancora meno diffusi in Italia. Più che guardare, quindi, al dopo Its, sembra prioritario concentrarsi su ciò che viene prima, cioè sulla realizzazione di una vera e propria «gamba» professionalizzante del sistema formativo italiano, contraddistinta da una forte commistione tra apprendimento e lavoro, basata sulla collaborazione con il sistema imprenditoriale anche grazie al ricorso all’apprendistato duale, e investire in questa direzione.
Questo perché le stesse prospettive che si aprono, a fronte dei risultati finora raggiunti e dagli investimenti in campo, riguardano anche un ampliamento (già previsto dalla «riforma») delle attività assegnate agli Its: lo sviluppo di percorsi di formazione continua per adulti, realizzati anche grazie alla disponibilità di laboratori all’avanguardia, dove poter inoltre progettare e condurre attività di ricerca applicata. Così facendo il sistema Its potrebbe essere concepito come una parte di un più ampio sistema di formazione che fa dell’alleanza con il mondo imprenditoriale l’elemento caratterizzante la propria specificità organizzativa e formativa, centro nevralgico per la progettazione e realizzazione di ecosistemi locali dell’innovazione.
Le prospettive così aperte sembrano allora chiamare in causa, in prima battuta, non solo l’intervento statale o regionale, ma anche e soprattutto le parti sociali: quest’ultime possono fare sintesi dei bisogni di imprese e lavoratori per poi favorire la costruzione di profili dotati di un alto grado di occupabilità e agganciati ai sistemi di inquadramento, anticipare la lettura delle competenze in grado di governare l’innovazione, così come intervenire per la costruzione di percorsi di formazione continua, su base settoriale e territoriale, e investire in attività di ricerca co-progettate e co-gestite.
Questo rinnovato dinamismo delle parti sociali sembra essere un fattore determinante per immaginare una prospettiva evolutiva del sistema Its nella direzione di una sempre più stretta integrazione con il mondo produttivo, e per sfidare quest’ultimo ad aprirsi, grazie a logiche collaborative, a processi di formazione iniziale e continua, di ricerca e sviluppo, di innovazione diffusa.
IL CLOUD DEL LAVORO 2023-2024
Il contributo di Matteo Colombo, Ricercatore Adapt, è contenuto all’interno de “Il Cloud Del Lavoro 2023-2024“, l’annuale pubblicazione di Assolavoro che raccoglie al proprio interno riflessioni e proposte di esperti e manager delle Agenzie, giuslavoristi, economisti, rappresentanti istituzionali e sindacali, ministri, ex ministri e dirigenti pubblici.
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